L’artista del disincanto moderno

Roberto non crea arte. Roberto "esiste" nell’arte. Nato tra le pieghe di una provincia che osserva il mondo da dietro le tende, ha trasformato il silenzio in grido, il disagio in linguaggio, e la contraddizione in forma. La sua opera non cerca di piacere. Cerca di disturbare, di scuotere, di costringere lo spettatore a guardarsi dentro anche quando ciò che trova è scomodo.

Influenzato dalla brutalità del quotidiano, dalle nevrosi digitali e dalla solitudine mascherata da connessione, Roberto plasma materiali, parole e immagini in manifesti esistenziali. Ogni pezzo è una confessione, ogni mostra un atto di resistenza contro l’omologazione emotiva.

La sua arte è stata definita “scomoda”, “inquietante”, “necessaria”. I critici lo accusano di nichilismo, ma lui risponde con opere che parlano di verità taciute: l’ansia da prestazione, l’identità liquida, il culto dell’apparenza. Roberto non offre soluzioni. Offre specchi.

Controverso per scelta, vulnerabile per onestà, Roberto è l’artista che non vuole essere capito, vuole essere sentito. E nel caos della vita moderna, la sua voce è una lama che taglia il rumore.